LETTEARA ENCICLICA
FRATELLI TUTTI
DEL SANTO PADRE FRANCESCO
SULLA FRATERNITA’ E L’AMCIZIA SOCIALE
8 capitoli, 287 paragrafi, 123 pagine. Questi i dati sintetici della nuova Enciclica che il Santo Padre Francesco ha firmato sulla tomba di San Francesco d’Assisi. E’ la sua terza Enciclica dopo «Lumen Fidei» (29 giugno 2013) e «Laudato siì» (24 maggio 2015).
Sono passati 206 anni da quando un Papa ha firmato un'enciclica fuori dal Vaticano. Infatti, Pio VII firmò (14 maggio 1814) la sua enciclica «Il Trionfo» nella città italiana di Casena città natale di Papa Pio VII, e annunciava ai cattolici del mondo il recupero degli Stati Pontifici dopo il sequestro del Papa Niccolò Maria Chiaramonti da parte di Napoleone nel 1809 e poi esiliato in Francia.
Più tardi anche Pio IX firmò l’enciclica «Ubi Primum» sull’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria apponendo questa data: “Dato a Gaeta, il 2 febbraio 1849, anno III del Nostro Pontificato”. Più puntuale fu la localizzazione dell’altra enciclica firmata ancora da Pio IX fuori Roma: la «Noscitis et nobiscum», con cui esortò i Vescovi a opporsi ai funesti tentativi degli empi per minare le basi della Religione cattolica in Italia: “Napoli, dal sobborgo di Portici, lì 8 dicembre dell’anno 1849, IV del Nostro Pontificato”.
Il Pontefice che spiega il titolo dell’Enciclica riferendo il pensiero di San Francesco: «Fratelli tutti», con questa espressione San Francesco d’Assisi si rivolgeva «a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo». Commenta il Papa: «Con queste poche e semplici parole ha espresso l'essenziale di una fraternità aperta, che permette di riconoscere, valorizzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo dell'universo in cui è nata o in cui vive».
L’aspirazione che Papa Francesco pone al centro della sua terza Enciclica appare l’unica via d’uscita dal dramma della solitudine dell’uomo consumatore e spettatore, chiuso nel suo individualismo e nella passività. Per questo rivolge a tutti un messaggio «affinché, di fronte a diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole».
Il Papa presenta il contenuto dell’Enciclica in 8 capitoli
Capitolo primo - Le ombre di un mondo chiuso. Capitolo secondo - Uno sconosciuto sulla strada. Capitolo terzo - Pensare e generare un mondo aperto. Capitolo quarto - Un cuore aperto al mondo intero. Capitolo quinto - La migliore politica. Capitolo sesto - Dialogo e amicizia sociale. Capitolo settimo – Percorsi di un nuovo incontro. Capitolo ottavo - Le religioni al servizio della fraternità nel mondo.
Nel primo capitolo, “Le ombre di un mondo chiuso”, il documento si sofferma sulle tante storture dell’epoca contemporanea che ostacolano lo sviluppo della fraternità universale. La deformazione di concetti come democrazia, libertà, giustizia; la perdita del senso del sociale e della storia; l’egoismo e il disinteresse per il bene comune; la prevalenza di una logica di mercato fondata sul profitto e la cultura dello scarto. Ancora: la disoccupazione, il razzismo, la povertà; la disparità dei diritti e le sue aberrazioni come la schiavitù, la tratta, le donne assoggettate e poi forzate ad abortire, il traffico di organi (10-24). Si tratta di problemi globali che esigono azioni globali, sottolinea il Papa, lanciando l’allarme anche contro una “cultura dei muri” (27-28);il deterioramento dell’etica (29) i mass-media che sgretolano il rispetto dell’altro, creando circoli virtuali isolati e autoreferenziali, nei quali la libertà è un’illusione e il dialogo non è costruttivo (42-50).
Nel secondo capitolo “Un estraneo sulla strada”, l’Enciclica risponde con l’esempio del Buon Samaritano luminoso, foriero di speranza per il superamento di tante ombre. Il Papa sottolinea che, in una società malata e che è “analfabeta” nella cura dei deboli e dei fragili (64-65), tutti siamo chiamati a farci prossimi all’altro (81), superando pregiudizi, interessi personali, barriere storiche o culturali. Tutti, infatti, siamo corresponsabili nella costruzione di una società che sappia includere, integrare e sollevare chi è caduto o è sofferente (77). L’amore costruisce ponti e noi “siamo fatti per l’amore” (88), aggiunge il Papa, esortando in particolare i cristiani a riconoscere Cristo nel volto di ogni escluso (85).
Nel terzo capitolo, “Pensare e generare un mondo aperto” Papa Francesco indica il principio della capacità di amare secondo “una dimensione universale” (83) in cui esorta ad “uscire da noi stessi” per trovare negli altri “un accrescimento di essere” (88), aprendoci al prossimo secondo il dinamismo della carità che ci fa tendere verso la “comunione universale” (95). La statura spirituale della vita umana è definita dall’amore che “è sempre al primo posto” e ci porta a cercare il meglio per la vita dell’altro, lontano da ogni egoismo (92-93).
Proponendo una vera etica delle relazioni internazionali (126) il Papa invoca una società fraterna che promuova l’educazione al dialogo per sconfiggere “il virus dell’individualismo radicale” (105) a partire dalla famiglia e dal rispetto per la sua “missione educativa primaria e imprescindibile” (114). Fondamentali due ‘strumenti’: la benevolenza, ossia il volere concretamente il bene dell’altro (112), e la solidarietà (115). Infine, afferma ancora il Papa, il diritto a vivere con dignità non può essere negato a nessuno e nessuno può rimanere escluso, a prescindere da dove sia nato (121).
Il quarto capitolo "Un cuore aperto al mondo" è dedicato al tema delle migrazioni (già considerato in parte parte nel il secondo): con le loro “vite lacerate” (37), in fuga da guerre, persecuzioni, catastrofi naturali, trafficanti senza scrupoli, strappati alle loro comunità di origine, i migranti vanno accolti, protetti, promossi ed integrati. Il Pontefice afferma che nei Paesi di origine debbono essere ricercate possibilità concrete di vivere con dignità. Ma al tempo stesso, bisogna rispettare il diritto a cercare altrove una vita migliore (38-40). Il Papa invita a stabilire, nella società, il concetto di “piena cittadinanza”, rinunciando all’uso discriminatorio del termine “minoranze” (129-131) anche mediante una collaborazione internazionale per le migrazioni che avvii progetti a lungo termine, andando oltre le singole emergenze (132). Tutti i Paesi potranno pensare come “una famiglia umana” (139-141) non sottovalutando il fatto che le differenze rappresentano un arricchimento e una possibilità di crescita (133-135). Una cultura sana è una cultura accogliente come in un poliedro: il tutto è più delle singole parti, ma ognuna di esse è rispettata nel suo valore (145-146).
Il tema del quinto capitolo è "La migliore politica", che rappresenta una delle forme più preziose della carità perché si pone al servizio del bene comune (180) e conosce l’importanza del popolo, inteso come categoria aperta, disponibile al confronto e al dialogo (160). La migliore politica non ignora il popolarismo cui si contrappone quel “populismo” che ignora la legittimità della nozione di ‘popolo’, (159); tutela il lavoro, “dimensione irrinunciabile della vita sociale” e cerca di assicurare a tutti la possibilità di sviluppare le proprie capacità (162); assicura al povero non solo il denaro, ma il consentirgli una vita degna mediante l’attività lavorativa nell’ottica della solidarietà e della sussidiarietà (187).
La politica, inoltre, ha il dovere di trovare una soluzione a ciò che attenta contro i diritti umani fondamentali, come l’esclusione sociale; il traffico di organi, tessuti, armi e droga; lo sfruttamento sessuale; il lavoro schiavo; il terrorismo ed il crimine organizzato; la tratta, “vergogna per l’umanità”, e la fame, in quanto essa è “criminale” perché l’alimentazione è “un diritto inalienabile” (188-189).
Un altro auspicio presente nell’Enciclica riguarda la riforma dell’Onu. Il compito delle Nazioni Unite sarà quello di dare concretezza al concetto di “famiglia di nazioni” lavorando per il bene comune e la tutela dei diritti umani. Ricorrendo instancabilmente “al negoziato, ai buoni uffici e all’arbitrato” – afferma il documento pontificio - l’Onu deve favorire accordi multilaterali che tutelino al meglio anche gli Stati più deboli (173-175).
Il capitolo sesto "Dialogo e amicizia solciale", presenta il concetto di vita come “arte dell’incontro” con tutti, anche con le periferie del mondo e con i popoli originari, perché “da tutti si può imparare qualcosa e nessuno è inutile” (215). Il relativismo non è una soluzione perché senza principî universali e norme morali che proibiscono il male intrinseco, le leggi diventano solo imposizioni arbitrarie (206). In quest’ottica, un ruolo particolare spetta ai media che, senza sfruttare le debolezze umane o tirare fuori il peggio di noi, devono orientarsi all’incontro generoso e alla vicinanza agli ultimi, promuovendo la prossimità ed il senso di famiglia umana (205). Il del Papa invoca il “miracolo della gentilezza”, un’attitudine da recuperare perché è “una stella nell’oscurità” e una “liberazione dalla crudeltà, dall’ansietà e dall’urgenza distratta” che prevalgono in epoca contemporanea. Una persona gentile crea una sana convivenza ed apre le strade là dove l’esasperazione distrugge i ponti (222-224).
Il settimo capitolo, "Percorsi di un nuovoincontro", riflette sul valore e la promozione della pace. Per il Papa la pace è legata alla verità, alla giustizia ed alla misericordia. Lontana dal desiderio di vendetta, essa mira a formare una società basata sul servizio agli altri e sul perseguimento della riconciliazione e dello sviluppo reciproco (227-229). In una società ognuno deve sentirsi “a casa” Per questo, la pace è un “artigianato” che coinvolge e riguarda tutti (230-232). Legato alla pace c’è il perdono: bisogna amare tutti anche un oppressore per aiutarlo a cambiare e non permettergli di continuare ad opprimere il prossimo (241-242). Perdono non vuol dire impunità, bensì giustizia e memoria. Perdonare non significa dimenticare, ma rinunciare al desiderio di vendetta (246-252).
Una parte del settimo capitolo si sofferma, poi, sulla guerra: essa non è “un fantasma del passato” bensì “una minaccia costante” e rappresenta la “negazione di tutti i diritti”, “il fallimento della politica e dell’umanità”, “la resa vergognosa alle forze del male” ed al loro “abisso”. Non si può più pensare a una possibile “guerra giusta”, ma bisogna riaffermare con forza “Mai più la guerra!” E considerando che viviamo “una terza guerra mondiale a pezzi”, perché tutti i conflitti sono connessi tra loro, l’eliminazione totale delle armi nucleari è “un imperativo morale ed umanitario”. Piuttosto con il denaro che si investe negli armamenti, si costituisca un Fondo mondiale per eliminare la fame (255-262).
Una posizione altrettanto netta l’Enciclica la esprime a proposito della pena di morte: è inammissibile e deve essere abolita in tutto il mondo. Lo stesso l’ergastolo “è una pena di morte nascosta” (263-269). Viene ribadita la necessità di rispettare “la sacralità della vita” (283) laddove oggi “certe parti dell’umanità sembrano sacrificabili”, come i nascituri, i poveri, i disabili, gli anziani (18).
Nell'ottavo capitolo "Le religioni al servizio della fraternità nel mondo" il Santo Padre Francesco ribadisce che la violenza non trova base alcuna nelle convinzioni religiose. Atti “esecrabili” come quelli terroristici, dunque, non sono dovuti alla religione, ma a interpretazioni errate dei testi religiosi (282-283). Un cammino di pace tra le religioni è possibile ed è necessario garantire la libertà religiosa, diritto umano fondamentale per tutti i credenti (279).
Quanto al ruolo della Chiesa essa non relega la propria missione nel privato, non sta ai margini della società e, pur non facendo politica, tuttavia non rinuncia alla dimensione politica dell’esistenza. L’attenzione al bene comune e la preoccupazione allo sviluppo umano integrale (276-278).
Concludendo il Pontefice riprende l’appello affinché, in nome della fratellanza umana, si adotti il dialogo come via, la collaborazione comune come condotta e la conoscenza reciproca come metodo e criterio (285).
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Fratelli Tutti
15 concetti basilari
Oltre alla sua rivalutazione della politica come strumento di cambiamento, il Pontefice tocca vari temi nella sua terza enciclica. Evidenziamone i 15 di maggior rilievo. [I numeri si riferiscono al numero dei paragrafi del Documento pontificio].
A chi è rivolta l’Enciclica
6. Le pagine che seguono non pretendono di riassumere la dottrina sull’amore fraterno, ma si soffermano sulla sua dimensione universale, sulla sua apertura a tutti. Consegno questa Enciclica sociale come un umile apporto alla riflessione affinché, di fronte a diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole. Pur avendola scritta a partire dalle mie convinzioni cristiane, che mi animano e mi nutrono, ho cercato di farlo in modo che la riflessione si apra al dialogo con tutte le persone di buona volontà.
Polarizzazione politica
15. Oggi in molti Paesi si utilizza il meccanismo politico di esasperare, esacerbare e polarizzare. Con varie modalità si nega ad altri il diritto di esistere e di pensare, e a tale scopo si ricorre alla strategia di ridicolizzarli, di insinuare sospetti su di loro, di accerchiarli. Non si accoglie la loro parte di verità, i loro valori, e in questo modo la società si impoverisce e si riduce alla prepotenza del più forte. La politica così non è più una sana discussione su progetti a lungo termine per lo sviluppo di tutti e del bene comune, bensì solo ricette effimere di marketing che trovano nella distruzione dell’altro la risorsa più efficace. In questo gioco meschino delle squalificazioni, il dibattito viene manipolato per mantenerlo allo stato di controversia e contrapposizione.
Divario di genere
23. Analogamente, l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio. È un fatto che «doppiamente povere sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti»
Conflitto e paura
25. Guerre, attentati, persecuzioni per motivi razziali o religiosi, e tanti soprusi contro la dignità umana vengono giudicati in modi diversi a seconda che convengano o meno a determinati interessi, essenzialmente economici. Ciò che è vero quando conviene a un potente, cessa di esserlo quando non è nel suo interesse. Tali situazioni di violenza vanno «moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una “terza guerra mondiale a pezzi”».
Post-pandemia
36. Se non riusciamo a recuperare la passione condivisa per una comunità di appartenenza e di solidarietà, alla quale destinare tempo, impegno e beni, l’illusione globale che ci inganna crollerà rovinosamente e lascerà molti in preda alla nausea e al vuoto. Inoltre, non si dovrebbe ingenuamente ignorare che «l’ossessione per uno stile di vita consumistico, soprattutto quando solo pochi possono sostenerlo, potrà provocare soltanto violenza e distruzione reciproca». Il “si salvi chi può” si tradurrà rapidamente nel “tutti contro tutti”, e questo sarà peggio di una pandemia.
Libertà di impresa
122. Lo sviluppo non dev’essere orientato all’accumulazione crescente di pochi, bensì deve assicurare «i diritti umani, personali e sociali, economici e politici, inclusi i diritti delle Nazioni e dei popoli». Il diritto di alcuni alla libertà di impresa o di mercato non può stare al di sopra dei diritti dei popoli e della dignità dei poveri; e neppure al di sopra del rispetto dell’ambiente, poiché «chi ne possiede una parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti».
Proprietà privata
123. queste capacità degli imprenditori, che sono un dono di Dio, dovrebbero essere orientate chiaramente al progresso delle altre persone e al superamento della miseria, specialmente attraverso la creazione di opportunità di lavoro diversificate. Sempre, insieme al diritto di proprietà privata, c’è il prioritario e precedente diritto della subordinazione di ogni proprietà privata alla destinazione universale dei beni della terra e, pertanto, il diritto di tutti al loro uso.
Debito
126. Il pagamento del debito in molti casi non solo non favorisce lo sviluppo bensì lo limita e lo condiziona fortemente. Benché si mantenga il principio che ogni debito legittimamente contratto dev’essere saldato, il modo di adempiere questo dovere, che molti Paesi poveri hanno nei confronti dei Paesi ricchi, non deve portare a compromettere la loro sussistenza e la loro crescita.
Mercato
168. Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale. Si tratta di un pensiero povero, ripetitivo, che propone sempre le stesse ricette di fronte a qualunque sfida si presenti.
Pace
235. Quanti pretendono di portare la pace in una società non devono dimenticare che l’inequità e la mancanza di sviluppo umano integrale non permettono che si generi pace. In effetti, «senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione.
Memoria, verità e giustizia
249. È facile oggi cadere nella tentazione di voltare pagina dicendo che ormai è passato molto tempo e che bisogna guardare avanti. No, per amor di Dio! Senza memoria non si va mai avanti, non si cresce senza una memoria integra e luminosa. Abbiamo bisogno di mantenere «la fiamma della coscienza collettiva, testimoniando alle generazioni successive l’orrore di ciò che accadde», che «risveglia e conserva in questo modo la memoria delle vittime, affinché la coscienza umana diventi sempre più forte di fronte ad ogni volontà di dominio e di distruzione»
Guerra
261. Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male. Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni.
Pena di morte
263. C’è un altro modo di eliminare l’altro, non destinato ai Paesi ma alle persone. È la pena di morte. San Giovanni Paolo II ha dichiarato in maniera chiara e ferma che essa è inadeguata sul piano morale e non è più necessaria sul piano penale. Non è possibile pensare a fare passi indietro rispetto a questa posizione. Oggi affermiamo con chiarezza che «la pena di morte è inammissibile» e la Chiesa si impegna con determinazione a proporre che sia abolita in tutto il mondo.
Dialogo interreligioso
281. Tra le religioni è possibile un cammino di pace. Il punto di partenza dev’essere lo sguardo di Dio. Perché «Dio non guarda con gli occhi, Dio guarda con il cuore. E l’amore di Dio è lo stesso per ogni persona, di qualunque religione sia. E se è ateo, è lo stesso amore. Quando arriverà l’ultimo giorno e ci sarà sulla terra la luce sufficiente per poter vedere le cose come sono, avremo parecchie sorprese!».