CONSIGLIO NAZIONALE DELLA DC

 Roma - 22 giugno 2019

 

Il Segretario Politico

 

Credo che sia superfluo fare una analisi dei risultati elettorali già abbondantemente sviscerati dalla stampa e dai commentatori politici.  Chiuse le urne arriva l'ora delle scelte strategiche.

E' necessario  quindi concentrarsi sullo scenario politico parlamentare scaturito dai mutati equilibri di rappresentanza e di forza tra i partiti di governo e tentare di orientarsi sui possibili sviluppi di quella che è di fatto una situazione in costante e non prevedibile evoluzione.

Dobbiamo impegnarci in una iniziativa che deve essere tutta culturale e politica, impostata sulle reali questioni che angosciano questo Paese e che sono state la causa dei massicci spostamenti elettorali. In sostanza occorre tornare a parlare dei temi che interessano la vita reale della gente.

Il quadro economico del Paese e in progressivo peggioramento e la situazione dei conti pubblici, sotto la spinta delle pressioni della Commissione. Europea , con una procedura d'infrazione incombente, e in vista delle ineludibili scadenze di fine anno, può dar luogo da una crisi di governo e alla prospettiva di elezioni  a anticipate in autunno o nei primi mesi del prossimo anno.

Intanto nel Paese aumenta la disuguaglianza, diminuisce la protezione sociale e si accentua la precarietà sopratutto tra i giovani. Questo ci impone una assunzione di responsabilità per accelerare i tempi di ristrutturazione e potenziamento politico ed organizzativo del Partito e per questo proponiamo di convocare un congresso nazionale.
Il nostro impegno non è mirato a chiamare a raccolta gli epigoni di un mondo antico ma a quanti possono ritrovarsi in una proposta politica attualizzata e modernizzata ed in grado di offrire risposte positive ad una società in profonda trasformazione.

Dobbiamo e vogliamo rispondere alle attese di tanti militanti, alle speranze di quanti ancora credono all'idea democristiana e a quanti ad essa possono accedere con il nostro impegno politico e operativo. Per questo non ci faremo attardare da pretestuose beghe interne ed esterne e procederemo, con grande senso di responsabilità ma con determinazione sul percorso politico e organizzativo tracciato.

La strada  è impervia, ma va percorsa con consapevolezza e determinazione per tentare la riaggregazione di una ampia area centrale e costruire un nuovo equilibrio politico e di governo che ricomponga un quadro istituzionale alternativo alla deriva sovranista e alla ipotesi di un nuovo bipolarismo tra un centro-destra estremo e un sinistra radicaleggiante che tende ad assorbire politicamente le anime morte  post-grilline ormai soltanto asserragliate a presidio delle postazioni di governo con l'incubo di una fine prematura della legislatura Io propongo, ancora una volta, come abbiamo già fatto in passato, un patto federativo tra i partiti e i movimenti cristianamente ispirati e che si richiamano al popolarismo europeo.

Dobbiamo far tesoro della recente esperienza elettorale, pur nei suoi limiti e con gli errori commessi. Bisogna evitare il riprodursi di esperienze se pur lodevoli, ma di pura testimonianza,  come sono quelle del Popolo della Famiglia e dei Popolari per l'Italia. La lista dei popolari in particolare è stata costruita con un semplice assemblaggio, pezzi di qua e di la ricercando candidati anche discutibili e non un progetto politico.

Credo che proprio alla luce dei risultati elettorali dovrebbe esser chiara la necessità di una riflessione sincera e senza riserve sull'impegno elettorale del variegato mondo dei movimenti politici e delle associazioni che si richiamano al popolarismo e alla ispirazione cristiana. Anche la Gerarchia unita nel sollecitare l'impegno dei cattolici resta divisa sui contenuti e sulle modalità di una presenza politica organizzata.

Il percorso aggregativo, pur nella salvaguardia delle identità originarie è comunque inevitabile se non vogliamo condurre alla progressiva dispersione e irrilevanza la cultura politica e la partecipazione attiva dei cattolici e dei popolari alla vita del Paese.

Dobbiamo riprendere con pazienza e determinazione la via del l'aggregazione unitaria. Si tratta, con il patto federativo, di costituire un riferimento politico strutturato funzionalmente per poter interloquire con i partiti e i movimenti politici dell'area liberal democratica su un progetto politico alternativo alla deriva sovranista e populista.

Il problema dei cattolici è come portare in politica la cultura del bene comune, ma per far questo debbono definire la loro identità politica prefigurando scenari nuovi. Con gli amici Giannone e Rotunno abbiamo avviato un confronto dialogo con  partiti e associazioni disponibili a riflettere ed operare, per "ricostruire l'unità politico culturale dell'area cattolica e popolare".  L'obiettivo è contribuire a realizzare un programma che ipotizzi un nuovo umanesimo cristiano che ponendo al centro la persona e la sua dignità sappia dare soluzioni concrete alle emergenze che perdurano nella nostra società.

Noi dobbiamo costruire un centro con una forte identità e che scelga le alleanze in ragione di un progetto politico utile al Paese. Noi dobbiamo portare nella politica il senso di moderazione tipico della politica e del rispetto delle istituzioni che caratterizzava la DC e creare un polo dei moderati italiani che costringa a un confronto le componenti politiche che preferirebbero una alleanza politica diversa da quella salviniana.

A sinistra certo è difficile pensare di difendere i valori non negoziabili che ci caratterizzano in maniera identitaria con il rischio di fare da utile ma irrilevante supporto.

A fronte tuttavia  di un elettorato fluttuante va ricercato anche a sinistra il confronto con l'area riformista e liberal democratica che è attraversata da fermenti e ipotesi di aperture a nuove esperienze politiche e aperte al confronto sui grandi temi dell'economia, del lavoro, della riforma delle istituzioni, della cultura e della vita privata delle persone.

Esiste inoltre una grande potenzialità di voti congelati dall'astensionismo.
Alla base della estrema volatilità dell'elettorato, vi è stata la capacità politica e mediatica di toccare nel profondo paure ed insicurezza della gente ma  anche di far balenare promesse di un welfare (quota cento per le pensioni, reddito di cittadinanza, ed ora flat tax e salario minimo) che peraltro costruite su una previsione di pesante incremento della spesa in deficit sono illusorie o perlomeno azzardate alla luce della attuale situazione dei conti pubblici.

L'altra area in costante movimento riguarda il voto giovanile e riguarda un enorme serbatoio che è sensibile a tre parole d'ordine: lavoro- ambiente-cultura. Lavoro, in una società sempre più automatizzata, si coniuga con la necessità di garantire una forza attiva che unisca crescita e dignità. Ambiente è la salvaguardia di storia e natura per garantire il futuro del mondo in cui i giovani devono vivere nei prossimi anni.
Cultura è la risorsa vitale per una società che non voglia invecchiare e regredire.

Per ottenere il consenso elettorale noi dobbiamo, quindi, riprendere a parlare dei contenuti del nostro programma politico e lanciare messaggi mirati che riescano a cogliere le attese e la sensibilità della gente. Dobbiamo parlare di scuola, di ecologia, di lavoro, di lotta alle disuguaglianze, della frattura tra i ceti produttivi dell'indebolimento delle istituzioni intermedie, di coesione sociale e territoriale.

Per questo convochiamo il Congresso Nazionale per avviare un grande dibattito tra gli iscritti sugli obiettivi programmatici e sul progetto politico. Dobbiamo aprire un grande cantiere politico, un laboratorio che consenta di elaborare tesi e progetti utili per le scelte strategiche del Partito.

Questo lavoro è affidato all'impegno di tutti i dirigenti del Partito con il coordinamento del nuovo vice segretario l'on. D'Agrò responsabile del dipartimento programma e comunicazione.

Contestualmente lavoreremo alla definizione di una forma partito più snella, funzionalmente adeguata a una società tecnologicamente avanzata, che richiede nuovi strumenti di partecipazione democratica e un diverso rapporto di comunicazione e di interlocuzione con i cittadini e le istituzioni.

Questo compito è affidato alla Commissione Statuto, autorevolmente presieduta dal sen. Gubert, che raccoglierà tutti i contributi che perverranno.

Dobbiamo rafforzare organizzativamente e politicamente il Partito, per affermare la nostra identità; ma l'obiettivo non può essere la mera sopravvivenza, dobbiamo dimostrare di saper fare politica di essere presenti e protagonisti in uno scenario che si va trasformando rapidamente.

Noi diventeremo un Partito quando riusciremo ad uscire dal recinto, dal circolo ristretto e rissoso dei vecchi soci,  dal gallinaio delle chat o delle e-mail utilizzate non per confrontarci e produrre idee ma per veicolare informazioni distorte e aggredire e dileggiare gli interlocutori.

Alcuni amici hanno una visione aziendalista del Partito, si considerano da vecchi soci, con diritto di partecipazione privilegiata e indipendente dalla reale rappresentatività .

Richiamano ripetutamente il codice civile, ignorando che un Partito fissa le sue regole con lo Statuto e i regolamenti attuativi  e che sopratutto vale il primato della politica e non gli espedienti degli azzeccagarbugli da baruffe condominiali.

Il Partito si costruisce e cresce se  si apre alla più ampia partecipazione, sopratutto di chi opera sul territorio, tra la gente e con i tanti amministratori locali quotidianamente impegnati sui problemi delle loro comunità.

Molti nostri amici soffrono di un ego smisurato che non trova riscontro in una reale capacità di rappresentatività. Io non mi sento prigioniero di un ruolo o vincolato da un mandato da assolvere comunque solo per senso di responsabilità. Quando sono stato eletto, viste le condizioni in cui versava il Partito, fu detto che occorreva un cireneo.

Occorreva invece un impegno solidale,  ma alcuni amici hanno tentato di rendere sempre più impervio il percorso e non certamente per divergenze di linea politica, mai emerse. Oggi è necessario fare chiarezza e per questo andiamo al Congresso.

Confrontiamoci e se lo riteniamo dividiamoci sul progetto politico. Costruiamo una nuova dirigenza realmente rappresentativa sul piano politico e territoriale, organizzando una forma partito capace di attrarre nuove energie e risorse politiche e umane.

Non siamo un Partito costruito su una leadership personale, né vogliamo per questo consegnarci ad un papà straniero, si chiami Samorì, o Cairo, o anche espresso dal variegato mondo di ispirazione religiosa.

Ritengo che almeno in questa fase doppiamo lavorare alla costruzione di un gruppo dirigente (una squadra di cirenei) in grado di dare al partito una chiara identità e un progetto strategico.

Dobbiamo risvegliare l'impegno e l'orgoglio dei democristiani per rafforzare il Partito e farne il motore di un progetto futuro.

Vogliamo infatti, pur senza velleitarismi conquistarci un ruolo da protagonisti nei processi evolutivi dello scenario politico e parlamentare che si va prefigurando davanti a noi.

Oggi siamo a un bivio: procedere in solitario e sarebbe a mio giudizio puro velleitarismo, oppure ricercare interlocutori per costruire su un progetto culturale e politico una aggregazione ampia. In questo senso sosteniamo l'iniziativa degli amici Giannone e Rotunno, convinti che rafforzare la DC sia la premessa indispensabile per costruire, insieme alle forze politiche e associative interessate, l'unità politica dei cattolici democratici.

E' questo l'obiettivo strategico del congresso per un impegno politico e culturale che possa toccare la sensibilità e la speranza del popolo democristiano.

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