“Scomporre per ricomporre” fu una celebre frase di Aldo Moro, utilizzata in una fase difficile della vita interna della DC, che ben si presta a connotare il momento complesso che stiamo vivendo.
Dopo l’ultima verifica elettorale delle elezioni europee con la conferma dell’irrilevanza elettorale delle “listarelle” di area cattolica presentatesi velleitariamente divise (la lista dei “Popolari per l’Italia” di Mauro e Tarolli e la lista de “Il Popolo della famiglia” di Mario Adinolfi), si stanno adesso organizzando incontri e convegni a cadenza giornaliera, altra dimostrazione di un processo di scomposizione senza soluzione di continuità.
In ciascuna di queste iniziative è affermata la volontà di ricomporre, così com’è stato ben indicato nell’incontro promosso ieri a Roma, dagli amici Giuseppe Rotunno e Antonino Giannone (“Civiltà dell’amore”) con la proposta di un rinnovato “Appello ai nuovi Liberi e Forti” del nostro secolo. E, ritengo, ci sia la stessa volontà nelle annunciate riunioni degli organi dirigenti convocati dagli amici di “Costruire insieme” e dei “Popolari per l’Italia”.
Meno comprensibile, invece, il permanere di una dissennata campagna all’interno di ciò che resta della DC storica guidata dall’amico Renato Grassi, per l’azione condotta da alcuni amici “sabotatori seriali”, i quali, dal 2012 in poi hanno cercato di ostacolare in tutti i modi i tentativi che, con Silvio Lega prima e con Gianni Fontana e Renato Grassi poi, abbiamo svolto per dare pratica esecuzione alla sentenza della Cassazione n. 25999 del 23.12.2010, secondo cui: “la DC non è mai stata giuridicamente sciolta.” Sabotatori ben assecondati da alcuni amici che sembrano assaliti dalla smania delle pandette e dei codici, convinti che il tema della ricomposizione dell’area democratico cristiana, prima ancora di quella cattolico popolare, sia materia da risolvere nelle aule dei tribunali e non, invece, come essa è di natura esclusivamente politica e culturale.
Velleitaria per non dire anacronistica, infine, l’iniziativa assunta dagli amici Gianfranco Rotondi e Rocco Buttiglione, i quali, essendo stati dichiarati privi di qualsiasi titolo a riguardo dell’eredità giuridico - politica della DC, dalla sentenza della Cassazione, fatta proprio a seguito di un loro ricorso avverso ad analoga sentenza della corte d’appello di Roma, tentano di riproporsi come legittimi eredi di quel partito, sino a dichiarare di voler rinunciare a nome e simbolo, non di loro spettanza, per dar vita a una fondazione ispirata ai valori del popolarismo. A questa iniziativa ha risposto in maniera efficace Renato Grassi, segretario nazionale della DC, eletto dal XIX Congresso nazionale del partito del 14 Ottobre 2018, con una nota pubblicata nel sito ufficiale della DC: www.democraziacristiana.cloud
Mi segnalano, infine, un altro tentativo di Gianni Fontana, autosospesosi dalla presidenza della DC, di dare avvio anch’egli a una fondazione per la formazione di una nuova classe dirigente, quale sviluppo di quell’associazione da lui a suo tempo costituita, dapprima e in parallelo alla stessa vicenda interna della DC.
Emerge, dunque, un quadro assai diverso e dispersivo della situazione anche solo osservandola nell’area del tutto angusta di ispirazione democratico cristiana.
Allargando la visuale a quella più ampia cattolico popolare, le cose non sono molto diverse e, tanto meno, migliori, dato che anch’essa sta ancora sperimentando il lungo travaglio politico culturale che si trascina dal 1993, anno della scomparsa politica della DC.
In questa situazione è comprensibile che il Presidente della CEI, card Gualtiero Bassetti, in un’intervista a Repubblica, abbia dichiarato: “Se oggi i cattolici votano Lega significa che è profonda la crisi di altre proposte”.
Dovrebbe essere questo il punto di partenza di ogni nostra riflessione: se non ricostruiamo l’unità politico culturale dell’area cattolica e popolare, la deriva nazionalista e populista che raccoglie la maggioranza dell’elettorato attivo italiano (poco più del 50%) è destinata a prevalere per molto tempo ancora, al di là delle insufficienze e incompetenze di un governo giallo verde che sta portando l’Italia al più completo isolamento europeo e allo sfascio economico e finanziario.
Ecco perché crediamo sia necessario da parte di tutti sotterrare le asce di guerra e ritrovarci attorno a un tavolo ripartendo da ciò che ci unisce e abbandonando ciò che ci divide. Senza quest’azione di ricomposizione dell’area cattolica e popolare italiana, il destino del nostro Paese sarà a forte rischio. Serve la disponibilità di ciascuno a rinunciare alle proprie ambizioni e puntare a un’azione di coordinamento paritetico effettivo, per tentare di dar vita a un’Unione dei Movimenti Popolari Italiani; ossia a un nuovo centro ispirato dai valori dell’umanesimo cristiano, che si ponga due obiettivi strategici essenziali: l’impegno a tradurre nella città dell’uomo le indicazioni della dottrina sociale cristiana e a difendere e attuare integralmente la Costituzione Italiana.
Eventuali velleità di qualcuno di assumere prioritariamente una funzione di guida vanno assolutamente evitate, per sostenere un processo di sviluppo partecipato e democratico attraverso cui favorire l’emergere di una nuova classe dirigente di cattolici e popolari, credibile e pronta a impegnarsi nelle sedi locali e ai diversi livelli istituzionali regionali e nazionali.
Ettore Bonalberti