Cari Amici,

E’ mio desidero proporre qualche considerazione preliminare.

Non disponiamo - allo stato attuale - di rappresentanza parlamentare, e per le regole che governano il mondo della comunicazione abbiamo una limitata visibilità sui mass media, ma questo non deve impedirci di esprimere e di divulgare le nostre opinioni e le nostre scelte politiche.


Lo scenario italiano ed internazionale

Una riflessione, se pur sintetica, sullo scenario italiano e internazionale mi sembra quindi opportuna.

Abbiamo davanti a noi una realtà politica italiana profondamente mutata rispetto a quella antecedente le elezioni politiche del 4 Marzo.
Anche il quadro internazionale è notevolmente cambiato.
Il modello occidentale è indebolito dai mutamenti politici che fanno emergere modelli di sviluppo sociale, economico e culturale molto diversi.

L'Europa, sotto le spinte disgregatrici e sovraniste, si allontana sempre più dall'obiettivo originario di una struttura federale.
Il quadro geopolitico del Medio Oriente e del Mediterraneo è in costante e inquietante fermento per l'estremismo islamico, le rivalità politico-religiose tra paesi a maggioranza sunnita o sciita con un protagonismo crescente della Russia di Putin.

In Europa, l'Italia è sempre più marginale per le spinte populiste e sovraniste dell'attuale governo Giallo-Verde.

Con le istituzioni europee si è aperto un contenzioso che fa prefigurare una situazione di instabilità economica del Paese e di difficile gestione della finanza pubblica italiana.

Questo governo, per puri interessi elettorali, si accolla spese elevate con il fine di dare qualche modesto beneficio ai percettori di bassi redditi senza che queste erogazioni producano nuovi investimenti e quindi nuova ricchezza. Mentre per una ipotizzata politica di espansione della spesa di tipo keinesiano, occorrevano invece provvedimenti coraggiosi di sostegno alle attività produttive, con la riduzione del cuneo fiscale, l'incentivazione a creare nuovi posti di lavoro e un ampio piano di ammodernamento infrastrutturale soprattutto nel mezzogiorno d'Italia.


Il Sud non può essere condannato alla progressiva desertificazione del proprio patrimonio di risorse umane con la fuga ormai inarrestabile di tantissimi giovani diplomati e laureati. Il lavoro non si crea con l'assistenzialismo, ma coniugando sostegno alle imprese, defiscalizzazione e opere infrastrutturali. Ma per cambiare le politiche del governo bisogna costruire uno schieramento di forze alternative che raccolga il consenso elettorale necessario per esprimere un diverso equilibrio di rappresentanza ai vari livelli istituzionali.

Le elezioni europee

Le elezioni europee sono il primo banco di prova per la ricerca di nuovi equilibri politici. In tal senso da più parti si lavora per una convergenza tra movimenti di ispirazione cristiana e liberal democratica (rete bianca ecc.) che possono rap presentare un'area di sensibilità, pur sempre ampia, nello scenario politico ed istituzionale italiano, per le problematiche sociali trattate, ma in particolare per una nuova visione dell'Europa soprattutto nei rapporti tra economia e finanza.

Riformare le istituzioni europee, liberandole dagli eccessivi vincoli tecnocratici e dalle lobby ,recuperare i valori originari dei padri fondatori De Gasperi, Adenauer e Shuman, così come quelli di un'Europa federale auspicati da Altiero Spinelli nel manifesto di Ventotene, è un obiettivo perseguibile se si lavora ad un ampio movimento democratico, magari a un rassemblemant, alternativo ad una sinistra in progressivo disfacimento e ai dilaganti estremismi populisti e sovraniste che hanno portato in Italia il governo giallo-verde e in Europa le intese con Orban e la Le Pen.

Le elezioni europee sono quindi per noi il primo importante traguardo e per questo dobbiamo traghettare il partito verso una nuova e più grande dimensione politica ed organizzativa.

Abbiamo - con lo svolgimento del Congresso - ottemperato alle indicazioni del Magistrato, rispettando i passaggi procedurali ed organizzativi previsti dall'ultimo statuto della D.C.

Oggi, liberi da ulteriori vincoli, dobbiamo ripensare la forma partito che riteniamo più idonea alle funzioni richieste in un contesto sociale e politico profondamente cambiato rispetto ai tempi della D.C. Storica.
Vedremo se potremo passare attraverso una conferenza organizzativa, o se affidarci a esperti per una proposta che comunque dovrà essere vagliata dal Consiglio Nazionale

Ampia partecipazione e Tesseramento

Per costruire una struttura nuova e di ampie dimensioni, bisogna però aprire il partito senza remore alla più ampia partecipazione, soprattutto dei giovani e delle donne, con l'unico limite del rispetto del codice etico che è stato elaborato - e li ringraziamo - dai prof. Giannone e Luciani.

Vogliamo essere costruttori del nuovo e io auspico un partito aperto, partecipato e plurale, libero nella espressione delle idee con l'unico limite del rigoroso rispetto delle norme di democrazia interna.
No, quindi, a un partito chiuso attorno al capetto locale, no anche ai proconsoli e alla nomina di commissari se non per giustificati e condivisi motivi.

Sì a una dirigenza democraticamente eletta auspicabilmente in tempi brevi e realmente rappresentativa della realtà politica ed elettorale del territorio di riferimento.

Sì a una vasta campagna di adesioni che ci consenta di individuare senza patemi e per tempo i riferimenti e i numeri necessari per la raccolta delle firme in vista delle prossime competizioni elettorali.

Per prima cosa bisogna quindi avviare il tesseramento garantendo ai nuovi soci il diritto a concorre fattivamente in tempi brevi alla ricostruzione della struttura rappresentativa del Partito ai vari livelli.
Dobbiamo mettere in piedi e visibilmente la Democrazia Cristiana non solo ricostituendo le strutture rappresentative a livello nazionale, ma recuperando e rilanciando le strutture di base del Partito, per recuperare il rapporto con la gente, con le comunità locali ed entrare nel cuore dei cittadini vivendo e, interpretando i loro problemi, le loro attese e quelle del territorio attraverso l'interlocuzione e la presenza nelle istituzioni locali.

Però se vogliamo traghettare il Partito verso una nuova e più grande dimensione politica ed organizzativa dobbiamo guardare ad un orizzonte più ampio uscendo dal nostro piccolo recinto per esplorare nuovi territori per dare spazio a nuove idee, nuove energie da coinvolgere in un comune progetto politico. Senza frettolose e radicali rottamazioni, ma con saggezza e moderazione dobbiamo immettere, come ci viene suggerito, "vino nuovo in otri nuovi".

A mio giudizio, impegno e attenzione vanno rivolti a quelle aree della società che organizzate per interesse di categoria, costituivano una forza rilevante, politica ed elettorale per la D.C.

Certo un rapporto in questi termini non è più riproponibile; ma una attenzione e un impegno sui problemi che interessano artigiani, coltivatori diretti, lavoratori autonomi e le piccole imprese può determinare interesse e, attraverso una interlocuzione costante, anche coinvolgimento politico ed elettorale.

Ma credo che ci sia un'altra via, a noi più congeniale, che Gianni Fontana, con grande intuizione e non pochi problemi, ha iniziato a percorrere verso un mondo che ha con il popolarismo democratico tante motivazioni di riferimento ad un comune patrimonio di valori etici, culturali e politici.


Dobbiamo continuare a ripetere e far capire che la diaspora dei cattolici nell'impegno politico, considerata (al tempo del cardinale Ruini) come una occasione di diffusione dei valori cristiani, è risultata irrilevante sul piano parlamentare e governativo.

Allo stesso modo non è più sostenibile, come viene autorevolmente suggerito, una divisione tra i “cattolici della scelta religiosa” e i “cattolici della solidarietà sociale”. Oggi si può aprire una nuova stagione della presenza dei cattolici nella politica italiana. Infatti, se pur timidamente, va emergendo un nuovo protagonismo sociale e politico, sollecitato in parte dalle esortazioni che vengono dal più alto magistero e da tanti Vescovi a impegnarsi con azioni concrete per il bene comune e il dovere civico, a sostegno del lavoro, delle famiglie, dell'imprenditoria sociale e a difesa dell'ambiente.

Quando diciamo di voler guardare a quel variegato mondo dell'associazionismo di ispirazione religiosa impegnato (all'insegna della solidarietà) nella cultura, nell'imprenditoria, nel sociale, significa guardare con attenzione a chi opera rispettando i valori che accomunano e testimoniano il popolarismo cattolico.

Un rapporto a volte difficile, che nell'esperienza fatta credo anche da Fontana, sconta situazioni di diffidenza, di autoreferenzialità se non di chiusura settaria.

Noi, comunque, non dobbiamo demordere e continuare a parlare con l'associazionismo organizzato, ma anche e soprattutto alla gente che frequenta le parrocchie e testimonia in vario modo i propri sentimenti religiosi.

Tutto questo però non deve esaurirsi in una mera interlocuzione ma, va convertito, con pazienza e perseveranza nella ricerca dell'adesione a un progetto politico nuovo, attuale e coinvolgente, che confermando l'identità laica del partito trasferisca i valori ispiratori della dottrina sociale cristiana e del nuovo umanesimo cristiano in concrete azioni politiche e di governo e soprattutto cerchi tra le nuove generazioni la classe dirigente idonea a governare il Partito e le Istituzioni.

Andare oltre il nostro recinto significa anche tentare di ritrovarsi insieme con le varie componenti partitiche scaturite dalla diaspora della D.C e con quei movimenti politici che si richiamano al popolarismo cattolico.

La parcellizzazione delle posizioni partitiche

La parcellizzazione delle posizioni partitiche condanna inevitabilmente alla irrilevanza politica ed elettorale come è avvenuto nelle recenti elezioni, con assemblaggi frettolosi e pasticciati.

Oggi l'on. Rotondi, deputato di Forza Italia si autoproclama Presidente di una D.C. virtuale e pretende di convocare gli stati generali dei democristiani. Noi siamo convintamente favorevoli a ogni iniziativa aggregativa, anche di piccole e irrilevanti parti della galassia di movimenti politici post-democristiani. Ogni ipotesi associativa deve nascere sulla chiarezza delle finalità politiche (non può essere a esempio una sorta di stampella per limitare il declino di Berlusconi) e non deve determinare fughe in avanti per creare situazioni di fatto imbarazzanti e difficili da accettare.

I manifesti che a nome del segretario dell'UDC Cesa e del Presidente della D.C. Rotondi che annunciano la lista della Democrazia Cristiana alle elezioni regionali in Abruzzo sono una provocazione inaccettabile che urge chiarire.

Allo stesso modo merita una riflessione l'intervista dell'on. Cesa al giornale il Tempo, che auspica la creazione di un nuovo soggetto politico con Forza Italia, alleato con la lega di Salvini. Forse il sen. Gubert potrà offrire una lettura più attenta del risultato elettorale del trentino, che al di là dello strombazzato 2,08% dell'U.D.C. ha visto il crollo di F.I. (2,82%) e la dispersione generalizzata del voto cattolico.

Cesa auspica la confluenza in un nuovo soggetto politico denominato
L'altra Italia, magari trascinandosi con sé, con una ingiustificata rivendicazione proprietaria, il simbolo dello scudo crociato. lo dico a chi con grande pazienza e buona volontà cerca che il dialogo con Cesa e Rotondi, che queste iniziative non aiutano verso la strada della riunificazione, ma ripropongono annosi contenziosi giudiziari che nessuno auspica.

Restiamo convinti che vada perseguita con pazienza e ostinazione la possibilità di riunificare i democristiani-popolari. Le unificazioni a freddo, storicamente non hanno mai funzionato sia elettoralmente che politicamente.

Consideriamo, allo stato, l'ipotesi di una Federazione, anche parziale, come la premessa obbligata verso un processo di superamento della diaspora, di recupero del simbolo dello scudo crociato senza dover ricorrere ulteriormente alle vie legali.

Sia chiaro però che la Federazione non potrà essere che una piattaforma programmatica utile e propedeutica per costruire un progetto elettorale una strategia politica comune. E' questa a mio giudizio la condizione preliminare per ogni possibile dialogo.   

Ho delineato, se pur sinteticamente, alcuni temi che dovremo certamente approfondire, ma che considero obiettivi prioritari per costruire una scelta strategica unitaria, che dia un senso compiuto al nostro progetto politico e al nostro voler essere partito autonomo ed autorevole nel nuovo scenario che si va configurando a livello italiano ed europeo anche in vista delle prossime scadenze elettorali.

Con questo Consiglio Nazionale e con la riunione della Direzione Nazionale che terremo il 10 novembre completeremo nei tempi più rapidi possibili la struttura nazionale del Partito.

Dobbiamo, quindi, considerare chiusa la vicenda congressuale e cominciare uniti a operare, per avviare l'attività politica e organizzativa. Da molte parti ci guardano con ostilità e scetticismo, ma noi sappiamo che c'è un popolo di democristiani, di cattolici popolari che aspetta di ritrovare un riferimento identitario nel quale riconoscersi politicamente ed elettoralmente.

E' questa la sfida che abbiamo davanti a noi, la scommessa per la quale tutti dobbiamo impegnarci unitariamente a ricostituire, rinnovandola la Democrazia Cristiana.

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