Il Santo Padre Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto riguardante "le virtù eroiche del Servo di Dio Giorgio La Pira". Si tratta del primo passo “romano” del processo di beatificazione, che era stato avviato, in sede diocesana, nel 1986 dall’allora arcivescovo del capoluogo toscano, il cardinale Silvano Piovanelli.
La fase diocesana del processo, che dal punto di vista del diritto canonico va sotto il titolo di processo informativo diocesano sulle virtù eroiche e sulla fama di santità del Servo di Dio Giorgio La Pira, ha comportato l’esame teologico di tutti gli scritti editi dell’uomo politico, la raccolta delle dichiarazioni di diverse centinaia di testimoni, la relazione sui più significativi documenti inediti, e si era conclusa il 4 aprile 2005.
Professore di diritto romano, padre costituente, parlamentare, sindaco di Firenze per quasi due decenni, a partire dai primi anni ‘50, Giorgio La Pira era nato a Pozzallo il 9 gennaio 1904 ed è morto a Firenze il 5 novembre 1977. Esponente della Dc, fu deputato, sottosegretario e storico sindaco di Firenze.
Giorgio La Pira fu un anticipatore del Concilio Ecumenico Vaticano II. La sua proposta sociale era originata dalla constatazione di una profonda ingiustizia sociale propria dell'ideologia marxista, alla quale egli contrapponeva un'apertura incondizionata alla visione dell'uomo integrale e alla fratellanza tra gli uomini che discendeva dall'avere un unico Padre.
La Pira è stato un infaticabile ambasciatore di pace ascoltato da uomini di ogni orientamento politico, culturale e religioso: dai capi di stato ai capi religiosi, dai ministri degli esteri alle persone comuni. Emblematico fu il suo intervento su “Il valore delle città”, tenuto il 12 aprile 1954, al comitato internazionale della Croce rossa di Ginevra, dove sottolineò il ruolo delle città quali protagoniste nella costruzione della pace.
Straordinaria e quasi “profetica” fu la convocazione del Convegno dei sindaci delle capitali del mondo, convocato dal 2 al 6 ottobre 1955 a Firenze, dove si incontrarono per la prima volta sindaci del mondo occidentale e comunista, che firmarono insieme un appello contro la guerra nucleare.
Anche per questi motivi molti, già in vita, lo chiamavano “il sindaco santo” (incarico che ricoprì dal 1951 al 1957 e poi di nuovo dal 1961 al 1965).
Alla fine degli anni '70 diede il suo sostegno all'opera di Benigno Zaccagnini come segretario della Dc. Accettò di candidarsi quale capolista alla Camera dei deputati, dove fu eletto con un alto numero di preferenze anche per marcare e contrapporre la sua alla candidatura nella Sinistra indipendente di non pochi cattolici che nel passato gli erano stati molto vicini, come Gozzini e Raniero La Valle, e che nel referendum sul divorzio si erano schierati tra i "cattolici del no".
L’iter romano della causa di beatificazione di Giorgio La Pira è stato in verità “lunghetto”: 13 anni! I bene informati attribuiscono questo notevole lasso di tempo al fatto che indubbiamente è stata esaminata scrupolosamente una gran mole del materiale che lo riguardava, ma non di minor spessore furono le resistenze che all'interno della curia albergavano sotto il pontificato di Papa Wojtyla, quando Giorgio La Pira veniva visto con una certa diffidenza per via dei suoi contatti con il mondo comunista dell'epoca.
La gioia della Chiesa è grande per la decisione del Santo Padre Francesco di promulgare il decreto con cui viene riconosciuto che Giorgio La Pira ha professato in modo eroico le virtù cristiane. E’ grande anche la gioia e la soddisfazione della Democrazia Cristiana che non solo d'ora in avanti annovererà tra i suoi figli un Venerabile, ma guarderà a La Pira come modello da imitare nel servizio al Paese e al suo Popolo.
Manca ancora "un campione di sanità" all'appuntamento: Alcide De Gasperi. Lo attendiamo!
TS
* * *
Umanizzare la politica nel segno di La Pira
per fronteggiare i rischi del nostro tempo
Una testimonianza di altissimo valore molto lontana dalla teatralità esibita dal nostro vicepresidente leghista che sventola il Vangelo.
La notizia più importante è l’annuncio del via alla santificazione di Giorgio La Pira, singolare e straordinaria figura di politico, sarebbe giusto dire anche di politico, per chi è personalità ricca di tanti aspetti significativi.
Giurista insigne e politico d’ispirazione cristiana, ha militato sino alla fine nella Democrazia Cristiana di Moro, di Zaccagnini e di Fanfani, amico di poeti, di artisti, soprattutto dei giovani e delle persone più bisognose e sofferenti. Nella sua Firenze promosse già negli anni sessanta i famosi Incontri del Mediterraneo, mettendo a confronto Arabi e Israeliani, intellettuali del campo socialista, dominato allora dall’Urss, dando vita ad un sorprendente dialogo in piena guerra fredda e di rigidezza ideologica molto forte tra oriente ed occidente. E’ stato grande amico del premio nobel Quasimodo e anche di Salvatore Pugliatti, giurista e musicologo illustre, per lunghi anni rettore dell’Università di Messina, dove La Pira coprì la prima cattedra di diritto romano, prima di trasferirsi nell’Ateneo fiorentino.
Tra i protagonisti principali dell’Assemblea Costituente, promotore del dialogo tra tutte le componenti dell’Assemblea, fu particolarmente vicino al socialista Lelio Basso e al comunista Concetto Marchesi. Del resto fu ricevuto da Krusciov al Cremlino, riuscendo a dilazionare un incontro per poter andare a messa. La sorpresa dei dirigenti del PCUS non impedì in alcun modo che la richiesta fosse esaudita e che il professor La Pira potesse seguire la messa domenicale nella chiesa di San Giorgio.
Personalmente ebbi modo di incontrarlo proprio all’uscita della messa a Roma nella chiesa di San Filippo Neri che ricordava sempre simpaticamente citandone la frase rivolta ai ragazzi dell’oratorio “State buoni se potete”. Evidentemente l’affetto per San Filippo, amico di Ignazio di Loyola, che promesse la costruzione della Chiesa del Gesù, a due passi dalla vecchia sede della Democrazia Cristiana, e con alle spalle via degli Astalli, incrocio permanente di stranieri in cerca di aiuto anche alimentare, è solo un piccolo elemento per inquadrare la figura del professore e la sua singolare capacità di entrare immediatamente in contatto di dialogo profondo con tutti.
Chissà come avrebbe sopportato una stagione civile e politica come l’attuale e quali iniziative avrebbe messo in campo per umanizzare i rapporti e favorire in ogni modo il dialogo e la comprensione reciproca tra lontani e diversi. Angosciato dalla guerra, specie nel periodo del conflitto in Vietnam, si recò ad Hanoi ad incontrare Ho Chi Minh e proporre un piano di superamento del conflitto, con la inevitabile divisione del paese in nord e sud Vietnam, soluzione provvisoria per favorire la successiva unificazione che si realizzò qualche anno dopo. Furono però necessarie ancora morti e distruzioni disumane, e la progressiva crescita – anche negli USA – di movimenti, specie di giovani, nelle università americane, e poi in tutta Europa, per arrivare infine agli accordi di Evian, che videro protagonista il segretario di stato Kissinger, il quale si avvalse, si potrebbe dire, anche delle idee ispiratrici di Giorgio La Pira.
Era di una delicatezza e rispetto per ogni interlocutore davvero non comune, e sapeva trarre cose positive in ogni situazione, anche la più difficile. Seppe “costringere” De Gasperi ed Enrico Mattei a non chiudere la Pignone di Firenze, riuscendo a convertirla in modo permanente e con risultati più che positivi ancor oggi. La Pira non teneva conto solo dei dati economici e della idoneità di una impresa a stare con guadagni nel mercato, come ancora oggi si dice nella nostra società globalizzata, ma anche degli aspetti umani di lavoratrici e lavoratori, mettendo al centro la condizione delle loro vite e dei loro redditi in rapporto alle situazioni delle rispettive famiglie.
Avrebbe ritenuto insopportabile il modo in cui la politica continua a non voler affrontare con razionalità e coraggio la questione epocale dei migranti e la tragedia delle morti nel Mediterraneo, anche di donne e bambini. Mare Mediterraneo che il “sindaco santo” amava tantissimo e considerava luogo privilegiato di costruzione della pace, di amicizia e collaborazione reciproca perla presenza di paesi sì diversi, ma chiamati ad una funzione comune di umanizzazione e sviluppo, e tesi alla crescita giusta perché solidale. Lo ha ricordato ieri Papa Francesco ricevendo un gran numero di migranti, appunto, e incoraggiandoli a non disperare nonostante le sofferenze, le ingiustizie e i dolori incontrati nel loro peregrinare e nell’umiliazione di essere respinti; situazioni presenti anche nelle Scritture, nelle ingiustizie che Giuseppe e Maria, con Gesù appena nato, subirono, non trovando posto in albergo ed essendo costretti a rifugiarsi in una stalla. Questo esercizio di virtù e di capacità di resistenza dolorosa non può però fare da alibi ai governanti e alla loro incapacità egoistica di trovare una soluzione ragionevole e positiva, giungendo addirittura a strumentalizzare il problema da molti punti di vista che rifiutano di porre le basi di una nuova solidarietà e di una accettazione dell’altro in senso positivo e non come fattore di paura, di timori e di insicurezza.
Lasciata la politica La Pira si dedicò interamente allo studio e alla meditazione, una scelta impegnativa di tipo monastico, nel convento di San Marco in Firenze, sempre disponibile alle richieste di interventi su temi di teologia e di responsabilità del cristiano nella storia, senza sottrarsi mai agli impegni e ai doveri verso il bene comune.
Resta, quella di La Pira, una testimonianza di altissimo valore e di straordinaria validità, molto lontana dalla teatralità esibita dal nostro vicepresidente leghista che sventola il Vangelo in Piazza Duomo a Milano e ostenta il rosario sul palco, strumentalizzando valori molto più fondamentali di quanto egli stesso possa comprendere: un crescendo sconcertante di protagonismo e di accanimento contro i migranti. Dopo i porti chiusi infatti, e dopo l’attacco generalizzato alle Ong, Salvini lancia una sterzata per restringere il numero di accoglimenti dei migranti e intensificare l’incremento dei controlli sulle spiagge per quei poveracci di venditori ambulanti di magliette e cianfrusaglie varie sotto il sole e nella sabbia bollente. Senza dire dell’aspetto più inquietante rappresentato da questo assurdo pressing contro il presidente Mattarella che dovrebbe intervenire nelle vicende giudiziarie di Bossi e della Lega, a fronte di decisioni della magistratura giunte sino alla Cassazione.
C’è in tutto questo un segnale di forte preoccupazione e di smarrimento sul futuro, che provoca del resto già divisioni e potenziali scontri fra le forze della maggioranza “del cambiamento” e all’interno dei pentastellati e dei leghisti. Se non si trova urgentemente un criterio di ragionevolezza che dia un fermo significativo alla presuntuosa arroganza di voler quotidianamente primeggiare sui media e nel rapporto con l’opinione pubblica, giorni davvero difficili si annunciano. Purtroppo anche l’opposizione non pare sufficientemente consapevole della gravità della situazione e soprattutto non più in grado di esprimere una linea alternativa ragionevole e di dare un vero contributo, sempre dall’opposizione, per spingere in direzione di un rinnovamento virtuoso e di un alleggerimento delle tensioni e della confusione crescente. Speriamo che la direzione del partito democratico si renda conto delle sue responsabilità e riesca ad elaborare finalmente una linea in grado di dialogare con i cittadini elettori e di confrontarsi con proposte alternative chiare e credibili con il governo e con questa singolare maggioranza che si esprime con due capipopolo e un presidente del consiglio che rischia di fare, più che l’avvocato, il notaio della situazione.
In questo senso Giorgio La Pira e la sua possibile santificazione potrebbero rappresentare uno stimolo formidabile per imboccare quelle via di riflessione che purtroppo è rimasta finora del tutto assente sin dall’esito del recente referendum costituzionale, del catastrofico esito delle recenti elezioni politiche e fino alla disastrosa conferma del voto amministrativo con la sconfitta in numerose città e regioni tradizionalmente considerate, non senza una qualche superficialità, come roccaforti delle sinistre.
Una forza politica può anche estinguersi ma dovrebbe in ogni caso rappresentare davanti al paese le ragioni della sua esistenza e quelle del proprio fallimento, con le conseguenze di una responsabilità storica verso l’Italia e l’Europa
Nuccio Fava
7 luglio 2018
da Globalist Syndication